L’Abbazia di Corazzo è di tutti noi

,

Rilanciamo il comunicato stampa dell’Associazione Discovery Reventino

A distanza di tre mesi dalla presentazione del progetto di “restauro” riguardante l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo, sentiamo il dovere di partecipare anche noi al dibattito ormai sempre più acceso intorno alla vicenda che interessa il principale monumento storico della nostra area montana. Abbiamo ritenuto opportuno, prima di intervenire, di porci in una condizione di ascolto delle opinioni autorevoli sull’argomento, studio dei pochi dati e informazioni disponibili sul progetto, nonché confronto.

La necessità di intervenire nasce dall’importanza che diamo da sempre, non solo a questo luogo pieno di fascino e di storia, ma anche a concetti quali condivisione e partecipazione che contraddistinguono la nostra associazione nella proposta di percorsi di progettazione dal basso e laboratori aperti alla comunità, alle associazioni e agli enti, e in quella che è la nostra visione integrata del territorio e della gestione dei beni comuni.

Tra le azioni portate avanti, abbiamo avviato fin dal principio un laboratorio di mappatura partecipata dei sentieri del Reventino che ha coinvolto associazioni e volontari da circa dodici comuni. Uno dei primi racconti a piedi ha riguardato proprio l’area nei dintorni dell’abbazia. Grazie alla progettazione e promozione di un sentiero che ripercorre “Le vie d’acqua dei Cistercensi” lungo il Corace, un percorso ideato e proposto da Raffaele Arcuri, uno dei nostri soci e promotori del progetto, fin dai primi passi. Qui poi abbiamo accompagnato i primi visitatori e viaggiatori stranieri provenienti da altre regioni, contribuendo nel nostro piccolo e in forma volontaria alla promozione dell’abbazia.

Per noi i ruderi di Corazzo hanno rappresentato nel tempo e rappresentano tuttora, il luogo dove le identità delle comunità del Reventino e del Corace convergono. Un luogo della condivisione, dello stare insieme. Un luogo dove per secoli sono confluite le genti dei nostri paesini e i pellegrini arrivati da lontano. Un luogo in cui ci si radunava, si pregava, si barattavano prodotti, si lavorava e si studiava. Un luogo simbolo dell’unione delle nostre comunità.

Il dibattito scaturito dopo la presentazione del progetto d’intervento, dimostra il fortissimo interesse verso l’abbazia. Si sono susseguite ed avvicendate importanti firme nazionali dell’archeologia, dell’antropologia, della storia. Sono state coinvolte alte sfere della politica. Sono intervenuti sull’argomento figure locali di riferimento, quali architetti, docenti e scrittori. Si è sviluppato un folto dibattito sui social che ha coinvolto non solo la comunità di Carlopoli, ma l’intera area del Savuto-Corace-Reventino.

La quantità e qualità degli interventi registrati su scala regionale e nazionale, denotano quanto probabilmente, l’importanza e l’attrattività di questo monumento storico siano ancora più rilevanti di quelle percepite finora, come comunità locale. Al di là delle diatribe tra decisori politici e addetti di settore e delle decisioni puramente tecniche, pensiamo che alcune scelte possano essere portate su un piano politico e vista l’importanza del monumento, condivise con la comunità, le parti interessate, le associazioni, gli amministratori locali, etc.

La percezione è che le posizioni finora espresse si possano sintetizzare due correnti, di cui la prima sostiene la necessità di indagini archeologiche e un restauro conservativo e la seconda opta per ridare, attraverso l’intervento, nuove funzioni al monumento. La prima delle due voci sembra essere la più popolare non solo tra gli esperti di settore. Chi prende in considerazione invece la possibilità di ridare nuove funzioni al monumento, rimane comunque critico sulle modalità di scelta e la qualità del progetto.

Sembra invece non esserci nessuna voce, ad esclusione dei soggetti proponenti a difesa del progetto. Nel coro di opinioni ci piace richiamare il parere espresso da Giuseppina Pugliano, docente universitario di restauro architettonico all’Università degli Studi di Napoli e membro dell’Accademia di Archeologia, secondo cui Corazzo è un “(…) Patrimonio della comunità locale ma al contempo, una rilevante eredità culturale per l’intera umanità (…)”. La presenza dell’abbazia ha conformato e contraddistinto il paesaggio circostante, così come, negli ultimi due secoli, e tuttora, i suoi “ruderi”, sono diventati essi stessi paesaggio, luogo identitario e unitario a grande valenza storica e documentale per l’intero territorio.

Il fatto che i ruderi dell’abbazia abbiano perso l’originaria funzione e valore d’uso, non ne determinano affatto l’inutilità, semmai, grazie alle indiscutibili reazioni emotive che suscitano alla nostra vista(molti dei visitatori che abbiamo accompagnato hanno manifestato con grande emozione di trovarsi in un“luogo magico”), sono lì a testimoniare la bellezza, il fascino e lo scorrere del tempo.
In sintesi, noi sosteniamo che l’abbazia, al suo stato attuale di “rudere”,sia un elemento inscindibile del paesaggio e dell’ecosistema attorno alla valle del Corace ed, inoltre, contribuisce essa stessa a trasformare il “paesaggio fisico” in “paesaggio mentale e della memoria”, a tal punto che per noi risulta preminente che l’abbazia venga “conservata” e non riqualificata cambiando l’identità.

Consapevoli che le risorse previste per l’intervento, di importo complessivo pari a 1.200.000,00 €, siano piuttosto limitate, crediamo sia opportuno indirizzarle su ciò che è prioritario: consolidamento e conservazione della struttura e, qualora fosse possibile, un’approfondita campagna di scavi archeologici, per portare alla luce e conoscere ciò che giace al di sotto dell’attuale livello di terreno dell’abbazia. Per citare nuovamente la Pugliano, le nuove funzioni da inserire, per immettere nuovamente il monumento nel ciclo della contemporaneità, non devono superare il limite di “lecita modificazione” dei ruderi e del paesaggio, come l’assegnazione di una funzione turistico-culturale o l’utilizzazione temporanea per eventi, manifestazioni teatrali e concerti.
Infine, l’aspetto ritenuto da noi sostanziale e maggiormente critico sul quale si sarebbe dovuto e potuto fare di più, è senz’altro quello della scarsa partecipazione e coinvolgimento della comunità.
Per intraprendere un processo di trasformazione del territorio “dal basso” che sia realmente “partecipato” , sarebbe stato opportuno prevedere dei momenti e dei “luoghi del confronto” con la comunità, le amministrazioni e le associazioni del territorio, ove ognuno, in base alle proprie competenze e interessi, avrebbe potuto esprimere le proprie idee.

Pertanto, lanciamo un appello al nuovo sindaco, Emanuela Talarico, chiedendole di estendere, per quanto sia ancora possibile. la platea degli interlocutori.
Crediamo che sia necessario quanto prima organizzare momenti di confronto con la comunità e tutti gli interessati che hanno sentito il dovere di esprimersi in merito al restauro dell’abbazia, con l’obiettivo prioritariamente di fare chiarezza sulla “idea di progetto” alla base dell’intervento, e secondariamente sulle criticità riscontrate sull’iter progettuale ed autorizzativo in corso.
Per approfondire ulteriormente gli aspetti legati al restauro dell’abbazia e contribuire alla discussione e alla conoscenza del progetto, la nostra associazione avvierà una serie di incontri di confronto con gli attori e le parti coinvolte.