La proposta di legge avanzata dal Governo e sostenuta in particolare dal Ministro dell’Agricoltura sta sollevando una crescente preoccupazione tra associazioni escursionistiche, ambientaliste e cittadini amanti della natura. Al centro delle critiche vi sono le modifiche alla legge 157/1992 che regola l’attività venatoria in Italia. Il nuovo impianto normativo – se approvato – rischia di compromettere in modo irreparabile il diritto dei cittadini a frequentare in sicurezza i sentieri, i boschi e le aree naturali, con pesanti ripercussioni sul turismo lento, sulla promozione della salute pubblica e sulla conservazione ambientale.
Cosa prevede la proposta di legge
Il disegno di legge prevede, tra i punti più controversi:
-
Un’estensione del calendario venatorio, che di fatto permetterebbe la caccia anche durante i periodi attualmente vietati, inclusi i mesi primaverili cruciali per la nidificazione e la riproduzione della fauna selvatica.
-
Maggiore autonomia alle Regioni, che potrebbero derogare con facilità ai vincoli ambientali esistenti, aprendo la strada a una gestione frammentata e spesso più permissiva della caccia.
-
Possibilità per i cacciatori di operare anche in aree protette o normalmente escluse dall’attività venatoria, con l’alibi del contenimento faunistico.
-
Riduzione dei poteri di controllo scientifico e ambientale affidati all’ISPRA, a favore di valutazioni più politiche che tecnico-scientifiche.
Le conseguenze per chi cammina
In Italia, ogni anno milioni di persone percorrono sentieri montani, collinari e costieri, partecipando a escursioni organizzate o muovendosi in autonomia. L’outdoor rappresenta una risorsa strategica per la salute pubblica, la promozione di stili di vita sostenibili e lo sviluppo economico di migliaia di piccoli borghi e territori marginali.
Con l’attuazione della nuova legge, l’escursionismo sarebbe messo seriamente a rischio: l’estensione del periodo di caccia e la sua estensione a nuove aree determinerebbero un aumento esponenziale del pericolo per chi frequenta la natura. Non si tratta di allarmismo, ma di una preoccupazione reale: già oggi, nei mesi in cui la caccia è consentita, non sono rari gli incidenti che coinvolgono escursionisti, ciclisti, cercatori di funghi o semplici famiglie in cammino.
Inoltre, la commistione tra attività venatoria armata e pratiche di fruizione lenta e rispettosa del territorio è intrinsecamente conflittuale: non possono coesistere nel medesimo spazio tempi e modalità tanto differenti e potenzialmente pericolose.
Un colpo al turismo sostenibile
Il turismo escursionistico e naturalistico genera in Italia un indotto economico di miliardi di euro ogni anno, coinvolgendo strutture ricettive, guide ambientali, rifugi, botteghe locali, trasporti e molto altro. In regioni come Toscana, Trentino, Umbria, Lazio o Sardegna, i cammini e i parchi naturali rappresentano asset strategici per il rilancio dei territori.
Indebolire la sicurezza percepita e reale di questi luoghi rischia di disincentivare un’intera filiera basata sul contatto con la natura, sull’educazione ambientale e sulla cultura del camminare.
La voce delle associazioni
FederTrek – insieme a numerose altre realtà del mondo escursionistico, ambientalista e sportivo – esprime una ferma opposizione alla proposta di legge. Non si tratta di essere “contro la caccia” per principio, ma di difendere il diritto collettivo a vivere la natura in sicurezza, in armonia e senza la costante minaccia di fucili nei boschi.
Occorre riaffermare con forza che la natura non è esclusiva di nessuna categoria: è bene comune, e come tale deve essere gestita nel rispetto del principio di precauzione, dell’equilibrio ecosistemico e dei diritti di tutti.
Un appello alla politica e ai cittadini
Chiediamo al Parlamento di bloccare l’iter legislativo di questa proposta, e di aprire un vero tavolo di confronto con tutte le realtà che vivono e valorizzano il territorio. Non si può legiferare ignorando milioni di cittadini che, ogni giorno, scelgono di camminare, pedalare, osservare, educare e custodire.
Invitiamo infine tutti i cittadini a mobilitarsi: firmando petizioni, partecipando a eventi pubblici e facendo sentire la propria voce. Perché il diritto al silenzio dei boschi, alla bellezza dei sentieri e alla sicurezza nel camminare non è negoziabile.