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di Ilaria Canali

Le parole sono importanti, e non credo di dover citare chi lo ha detto perché sicuramente lo sappiamo tutti. Aggiungo che le parole hanno un’anima e una forza che spesso ignoriamo. E hanno molto da insegnarci se solo ci prendiamo il tempo di esplorarle.

Prendiamo la parola “camminare”,  che racchiude la missione di FederTrek che, come si sa, promuove il cammino in tutte le sue declinazioni: che sia una escursione in montagna o una passeggiata urbana, il social trekking, gli  itinerari a chilometro zero, i percorsi insieme a persone in condizioni di disabilità.

Ma cosa significa esattamente “camminare” ?

E’ importante saperlo per noi di FederTrek, certo, ma penso sia interessante approfondire la questione in generale se, come scriveva Nietzsche,“Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina”.

Ci soccorre nel nostro intento una ricerca pubblicata ieri nel post di un blog che si occupa proprio di parole  (https://unaparolaalgiorno.it.) e che riportiamo fedelmente.

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“cam-mi-nà-re (io cam-mì-no)

SIGNMuoversi a piedi; procedere; funzionare

derivato di cammino, dall’ipotetica voce del latino parlato camminus, di origine celtica.

 

Davanti a parole così comuni è importante non farsi sfuggire le osservazioni giuste.

Vediamo che ‘camminare’ (o meglio, ‘cammino’) appartiene al nutrito novero di termini che i Romani acquisirono dai Celti. Ovviamente i Romani disponevano già di termini che denotassero questo concetto, e in varie declinazioni: in latino il cammino-percorso era descritto dai termini gressusiter e cursus, l’atto del camminare dall’ambulatio, e il cammino-strada da via. Ma le affinità linguistiche coi Celti e gli stretti rapporti –pacifici e no – che ebbero con loro portarono all’inclusione di questo termine nel latino parlato. Il fuoco del cammino covò a lungo; e comparso nell’italiano degli albori prese un ruolo di primo piano, tanto che il camminare soverchia i latinissimi ‘ambulare’ e ‘incedere’.

 

Il camminare descrive l’atto consueto dello spostarsi a piedi – un atto basilare, che ha trovato brillanti trasposizioni figurate. Infatti diventa anche il procedere (il progetto cammina nonostante le difficoltà, è un po’ che gli affari non camminano come un tempo) e il funzionare (l’orologio non cammina più).
La logica che le regola è pulita e splendida: un andare avanti vitale.

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(Luigi Pirandello, Lazzaro, excipit)

 

DIEGO Tu, ora mi parli così?

LUCIO Sì; perché tu risorga dalla tua morte, padre. Tu avevi chiuso gli occhi alla vita, credendo di dover vedere l’altra di là. […] Dio ti fa ora riaprire gli occhi per questa che è Sua, perché tu la viva […]

DIEGO Io? […] E tutto il male che ho fatto…

LUCIO Me l’assumo io, padre, e lo riscatto! Se ora questo tuo male io l’accetto, e lo sento, lo sento […] come un bene per me, questo è Dio, vedi? […]

DIEGO Che debbo fare?

LUCIO Vivere, padre: […] alzati e cammina, cammina nella vita.

 

Si parla sempre delle domande di Pirandello, ma raramente ci si preoccupa delle sue risposte. Eppure, poco prima di morire, l’autore ha proposto in un’intervista questa soluzione: “Solo dall’amore che comprende, e sa tenere il giusto mezzo […] fra forma e vita, è risolto il conflitto.”

In particolare Pirandello ha sviluppato quest’ipotesi in “Lazzaro”, una delle sue ultime opere teatrali. Protagonista è una famiglia di campagna: il padre (DIEGO) è un uomo dogmatico, che incarna la forma nel suo aspetto più rigido e mortifero. La madre, al contrario, vive in completa armonia con la natura, abbandonandosi agli eventi.

Sono due universi separati, ma il figlio Lucio riesce miracolosamente a riunirli. Dalla madre prende la capacità di vivere il presente con pienezza. Dal padre, invece, la profondità spirituale e morale, necessaria per vivere con consapevolezza e in pace con gli altri.

Lucio quindi valorizza il bene dovunque, e riscatta il male attraverso il perdono. E proprio nei legami così ristabiliti, secondo Pirandello, si può sperimentare la presenza di «Dio» (inteso in senso cristiano-panteistico).

L’autore ci presenta così la carità come l’aspetto più divino dell’uomo, capace di operare una vera rinascita. La citazione “Alzati e cammina” allude naturalmente ai vangeli, ma è anche una perfetta descrizione del miracolo di Lucio: la staticità del padre recupera movimento, mentre il flusso vitale della madre assume una direzione.

“Uno, nessuno e centomila” ci mette davanti a una scelta drammatica: o un’identità che imprigiona, o la pura e inconsapevole esistenza. Qui si apre forse una terza via: trovare se stessi nel rapporto d’amore con un altro.

Del resto, anche Martin Buber (filosofo contemporaneo a Pirandello) scrisse che la vera “casa” dell’uomo non è un luogo statico. Al contrario, è proprio la dimensione interpersonale, “l’essere tra”: dunque la “casa” è in realtà un “cammino”, da percorrere insieme.

 

Autore: Con Lucia Masetti, giovanissima laureanda in filologia moderna, ogni lunedì apriremo uno scorcio letterario sulla parola del giorno.

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Ilaria Canali

Federtrek Comunicazione